Giorgio Conti


Ecologia dell'abitare, fotografia e dialogo interculturale


Quando Hans Georg Berger arriva a Luang Prabang per la prima volta, nel 1994, forse non e del tutto cosciente che il suo soggiorno-ricerca si protrarrà per oltre dieci anni. Nello stato d'animo e nel lavoro del fotografo si evince subito un doppio intento, paragonabile alla differenza d'interessi nell'affrontare il Grand Tour dell'Italia di Goethe e di Heine. In Goethe vi è una profonda esigenza di conoscere e descrivere, di riconciliare il sapere umanistico con quello scientifico, in lui è massima la tensione alla estroflessione, come metodo di ricerca. In Heine il vero scopo e "conoscere se stessi", il viaggio e l'incontro con l'Altro (con lo sconosciuto, l'ignoto) costituiscono un'occasione per auto-analizzarsi, per provare emozioni personali: il massimo della introflessione. Berger ha già praticato una fotografia dialogante, lirica, non invasiva, realizzata con una piccola Rollei 35, ehe illustra -più che documentare- dodici anni di vita e d'amicizia personale con lo scrittore Herve Guibert. Nell'incontro con le complesse cerimonie e le feste del Buddhismo theravada non si fa incantare dalle sirene dell'esotismo "mordi e fuggi". Fa tesoro dell'esperienza di ricerca compiuta in Egitto, con l'amico scrittore Guibert, alla riscoperta del viaggio di Gustave Flaubert e Maxime Du Camp, iniziato nel 1849. Quel progetto già si segnalava per essere un percorso in progress, sia letterario sia fotografico: "Un dialogo tra le fotografie intimiste dell'osservatore e le lettere che lo scrittore redasse (senza spedirle) per gli amici in Francia, più che a una visita dell'Egitto invita forse a una riflessione sul senso del viaggio, oggi. I corrispondenti diventano attori d'un percorso che ignora i tour operator e i circuiti obbligati, per rivelare, tra piacere ed esasperazione, un modo singolare di scoprire un Paese" (Christian Caujolle). Berger vuole scoprire il Laos, e in particolare Luang Prabang, memore della lezione artistica ed etica di Joseph Beuys dal "concetto ampliato" dall'Arte all'arte-antropologia, e dal "Kunst/Kapital" alla rinascita della Natura: "L'unico mezzo rivoluzionario è un concetto globale di arte -sosteneva Beuys- da cui nasca anche un nuovo concetto di scienza.“


La piccola ma significativa rivoluzione che attua Berger è quella di trasformare l'Altro da osservato a co-osservatore. In pratica quella di creare, assieme ai monaci e alla popolazione dei nativi, uno strumento di ricerca-definizione (e non di semplice documentazione) delle identità, delle antiche cosmogonie locali, dei riti, delle cerimonie, delle feste e, soprattutto, del quotidiano procedere del tempo, inteso più in senso cosmico (il sentire orientale) che in senso lineare (il sentire occidentale). Per costruire meglio questa inedita "scultura sociale", Berger decide di vivere con i monaci, di "avere dei meriti" come si dice per chi intraprende questa scelta nella cultura laotiana. II novizio Berger cambierà vestiti, imparerà l'antica lingua pali, per tentare di leggere i preziosi manoscritti dei monasteri, scampati miracolosamente a secoli di guerre e di invasioni. In cambio dell'ospitalita ricevuta dai monaci, insegnerà loro i rudimenti delle tecniche fotografiche e della lingua inglese. La sua ricerca fotografica diventa dialogica, con i monaci il dono della comunicazione interpersonale assume un significato e un valore strategico: "La parola si dà, si prende, si ridà, si riprende".


from Town of Waters. The photographic work of Hans Georg Berger, Edited by Francesco Paolo Campione and Anna Maria Montaldo, Aisthesis, Milan, 2001


© Giorgio Conti (2001)